I fattori neuro e psico-biologici eziologici del fenomeno criminale dello stalking
Pubblicato da Domenico Piccininno in Neuroscienze forensi · Mercoledì 09 Gen 2019
Autore: dr. Domenico Piccininno, criminologo forense
Sommario: 1. La gelosia; 2. Gli effetti dello stalking; 3. Il sistema dopaminico; 4. Conclusioni.
Abstract
Negli ultimi anni si è assistito al crescere del fenomeno dello stalking che ha spinto diversi studiosi, di diversi campi del sapere umano, ad indagare quali sono le cause eziologiche poste alla base del reato in esame al fine di contrastarlo attraverso la creazione di alcune misure preventive.
Lo scopo di questa ricerca è stata quella di indagare le principali cause della nascita e formazione dello stalking attraverso lo studio di alcune ricerche scientifiche che, benché ancora di minoranza, hanno focalizzato l’attenzione sotto il profilo neurobiologico dello stalker e della vittima.
Di sicuro c’è ancora molto da analizzare e studiare, ma attraverso l’analisi di questi studi si è cercato di trarre alcuni spunti di riflessione al fine di prospettare dei modelli futuri di modifica della disciplina dello stalking.
1. La gelosia
La gelosia così comune e, al contempo, così spaventosa a tal punto da spezzare qualsiasi relazione sociale con la realtà che ci circonda.
Il tema in esame è stato studiato con diverse lenti di ingrandimento, quali strumenti dei vari sapori scientifici e umanistici dello scibile umano.
Ebbene, ancorché non è possibile ancora definire univocamente e in modo assoluto la gelosia, dallo studio delle ricerche scientifiche sul punto si rileva che questa non è altro che un’emozione complessa, comune ed eterogenea[1] che si manifesta in una non precisa diversa scala d’intensità, dallo stato normale a quello delirante.
Invero, un recente studio ha riconosciuto quattro sottotipi tipologie di gelosie “normali”, ovvero quella depressiva, ansiosa, ossessiva e, in ultimo, quella paranoica attraverso la somministrazione di un questionario creato ad hoc per testare la gelosia, detto QUEGE che, a dire dei ricercatori, esamina la durata e la presenza di sentimenti e comportamenti legati alla gelosia.
Si è constatato che la donna, di età non maggiore di 25 anni, manifesta livelli statisticamente più bassi di autostima e livelli più alti di ossessione e di paranoia in confronto agli uomini[2]. Se, come si sostiene in letteratura, l’epicentro della gelosia è dato dal fervore dell’emozione o dall’emolumento di un amore[3], allora si può comprendere bene la prospettiva tendenziale dello status emotivo de quo verso la protezione dell’oggetto del possesso che viene dominato e isolato dalla realtà sociale.
La gelosia, infatti, è legata al desiderio di tutelare il proprio possesso a causa anche di disturbi neurologici (es. ictus, morbo di Parkinson, disordini neurodegenerativi, sclerosi multipla)[4], dalla schizofrenia paranoide, dai disturbi dell'umore con caratteristiche psicotiche, dalla dipendenza dall’alcol[5], dall’uso di anfetamine e cocaina[6]. Così si spiega la difficoltà di tracciare una linea di demarcazione tra gelosia “normale” e quella patologica.
Si è detto che, forse, un discrimen tra le gradazioni di gelosia in questione è data dalla fonte della nascita dello stato emotivo in esame; i soggetti affetti dalla gelosia morbosa perdono la cognizione della realtà psicosociale, ovvero “interpretano” prove di infedeltà da eventi insignificanti e irragionevoli e non accettano di modificare il loro pensiero.
La gelosia patologica è, quindi, il complesso di emozioni irrazionali caratterizzata da condotte estreme retta dal timore dell’infedeltà del partner, tendenzialmente del genere femminile[7], senza prove tangibili che può condurre verso la commissione di condotte criminali in contesti extra/intra moenia, ovvero in qualsiasi rapporto affettivo e nei confronti anche di terzi rispetto alla persona legata affettivamente.
La gelosia patologica evoca pertanto emozioni e condotte idonee a cagionare un danno alle relazioni interpersonali e a quelle sociali; come del resto l’amore patologico che, secondo una ricerca, si traduce in un comportamento irrefrenabile di prendersi cura del partner trascurando i bisogni personali e che non presenta sostanziali differenze rispetto allo stato emotivo in esame.[8] Invece, secondo un’altra diversa e contraria ricerca, l’amore e la gelosia morbosa sono connessi, ma non uguali. Sicché l’amore geloso è il prius cognitivo-affettiva della gelosia morbosa che rappresenterebbe il postorius.[9]
L’amore geloso ha come contenuto il desiderio morboso per il possesso esclusivo e assoluto per il partner ed è penetrato dalla necessità di conoscere il pensiero di quest’ultimo al fine di accertare ogni probabile difetto di fedeltà[10].
Sotto il profilo dei fattori che possono causare la gelosia delirante si rileva quanto segue.
La probabile connessione eziologica della gelosia delirante a fattori psicotici e neurologici giustifica l’inquadramento della stessa nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-IV-TR), anche se non v’è certezza sul punto. Sicché, alcuni studi, hanno dimostrato che non sempre la diagnosi del disturbo delirante della gelosia può includere disturbi psichiatrici coesistenti, come depressione o diversi disturbi psicotici[11].
Per questo motivo si è sostenuto che vari casi di gelosia potrebbero non soddisfare rigorosamente i criteri del DSM[12].
Altri studi hanno rilevato, invece, che il 30% dei casi di gelosia delirante ha probabilmente una base neurologica congiunta ad elementi psicodinamici[13].
Lo sviluppo della gelosia morbosa, si è detto, può essere determinato da una personalità passiva premorbosa[14], da demenza, degenerativa e non degenerativa,[15] che può provocare allucinazioni visive e uditive a sfondo sessuale, un aumento del desiderio sessuale a seguito dell’insorgenza della demenza[16], ma anche dal disturbo mentale di borderline di personalità paranoide che può indurre colui che ne affetto a sviluppare una illusione di infedeltà[17]. Infatti, uno studio clinico ha identificato la prevalenza della schizofrenia e di altri psicosi nel genere maschile ( 43 su 72, circa il 59, 7 %) e il 20, 8% ( 15 su 72 ) dei pazienti con gelosia delirante ha manifestato segni di aggressività al momento del ricovero.[18]
Anche a livello neuroscientifico sono stati studiati casi in cui si è rilevato che il lobo frontale destro è il correlato neuroanatomico della gelosia morbosa,[19] come anche lesioni talomatiche e al lobo frontale sinistro, una disfunzione dell’emisfero destro, più specificatamente il lobo parietale destro,[20] potrebbe essere connesso alla gelosia delirante nei pazienti con AD ad esordio precoce[21], nonché, a livello biologico, la gelosia delirante potrebbe essere connessa ad un deterioramento del trasportatore di serotonina piastrinica[22] e da un eccesso di dopamina.
Ciò posto, indipendentemente dalla possibile connessione della gelosia patologica a cause psicotiche, è di indubbia evidenzia concreta che lo stato emotivo in esame può condurre il soggetto a violare la propria libera autodeterminazione tout court considerata, l’integrità psico-fisica, la vita e quella della vittima attraverso condotte di stalking[23], di abusi verbali e fisici che sfociano altresì nel reato di omicidio[24].
Alcuni studi recenti hanno rilevato, infatti, che ci potrebbe essere una possibile associazione tra la condotta stigmatizzata dall’art. 612 bis c.p. e alcuni diversi disturbi mentali, sia psicotici che non psicotici, come le “delusioni erotomane e di gelosia”[25] che “possono essere le più clinicamente e teoricamente rilevanti”, benché c’è discordanza in letteratura in ordine alla connessione tra gelosia delirante e il reato di stalking[26]che è stato ricondotto dagli studiosi in diverse categorie rappresentative delle varie tipologie di stalker, come ad es. l’erotomaniaco, l’ossessionato dall’amore e l’ossessionato[27], nonché quelli che sono in cerca di attaccamento, di identità, i deliranti e quelli iracondi dopo il rifiuto[28].
2. Gli effetti dello stalking
Una ricerca effettuata su alcun condotte poste in essere da donne stalker ha dimostrato infatti una diversificazione causale in ordine alla realizzazione del reato de quo, ma una comunanza di causa[29]. Quest’ultima è data dalla mancata accettazione della rottura della relazione sentimentale[30] che determina un aumento anche della violenza psicologica, principalmente per l’uomo che, per serbare la propria posizione sociale, potrebbe avere difficoltà a denunciare la violenza( Felson e Paré, 2005); una violenza fisica e psicologica, invece, per la donna[31] (Logan and Walker, 2004; Cleak et al., 2018), ma non è da escludere che la separazione può evitare che le violenze suddette conducano alla commissione dell’omicidio[32] e dell’abuso emotivo (Babcock et al., 2004).
Alcune manifestazioni della violenza psicologica sulle donne sono ad esempio la limitazione dell’accesso del fondo monetario comune, della libertà personale, lo stalking, la costante critica, la disumanizzazione per indurre la donna ad essere inidonea ad affrontare la realtà sociale.
La principale manifestazione psicologica a danno dell’uomo, invece, è data dalla limitazione delle visite con il figlio da parte dell’ex partner al fine di eliminare la figura paterna dalla vita del figlio.
Si è detto che questa forma di violenza perpetrata dalla donna a danno dell’uomo è sintomatico della volontà della prima di colpire un punto debole di quest’ultimo[33].
L’alienazione dalla relazione paterna può causare però una forma di abuso psicologico infantile a tal punto da produrre a traumi a lungo termine nei bambini ( Cavanna, 2013 ; von Boch-Galhau, 2018 ).
Uno studio recentemente, difatti, ha posto in evidenzia le principali manifestazioni della violenza in psicologica, attraverso il monitoraggio continuo del partner-vittima e l’umiliazione, in violenza fisica, attraverso percosse, calci, schiaffi e in violenza sessuale, attraverso forme di coercizione sessuale.
Anche lo stalking è stato inserito, pertanto, come forma di violenza (IPV) dal Centers for Disease Control and Prevention, che è stato descritto come un "pattern di attenzione ripetuta e indesiderata e contatto che causa paura o preoccupazione per la propria sicurezza o per la sicurezza di qualcun altro (ad esempio, telefonate, e-mail o messaggi ripetuti, indesiderati, lasciando le carte , lettere, fiori, ecc.)" (Longobardi, 2017, p. 2039).
Una linea di demarcazione comune a livello di genere è dato invece dalle emozioni che prova lo stalker, ovvero la gelosia, come si è detto, la rabbia dell’abbandono, i pensieri ossessivi, la solitudine, la dipendenza e il tradimento percepito connessi ad un disturbo mentale, in particolar modo quello di personalità borderline[34], nonché sintomi significativamente più alti di depressione[35], ansia[36] e disturbo da stress post-traumatico (PTSD)[37] che, come è stato indicato in una relazione di studio, raggiunge tassi alti (circa l’84%) nei sopravvissuti ad una violenza domestica[38], principalmente psicologica (Dutton, Goodman, & Bennett, 2001;Street & Arias, 2001), anche per circa 20 anni, provocando gravi danni economici e sociali (Kessler, Sonnega, Bromet, Hughes e Nelson, 1995). Sicché, a ben vedere, la vittima si sentirà estraniata dalla realtà sociale, alternando un senso di colpa intenso a deficit mnestici.
La vittima di violenza continua a “rivivere” l’esperienza passata, attraverso pensieri ricorrenti, flashback, incubi che rappresenterebbero i primi sintomi del DPTS (c.d fase di reexperience) e che possono portare questo a sentimenti di distacco, di evasione riaspetto a tutte le circostanze di tempo e di luogo che possono influenzare la rievocazione del trauma (c.d. fase di intorpidamento) e, in ultimo, le precedenti fasi possono sfociare nell’ultimo stadio, ovvero in un aumento dell’eccitazione che può comportare una difficoltà a dormire, a concentrarsi, ad una forte iperattività e ad una elevata irritabilità.
3. Il sistema dopaminico
Il fenomeno criminale in esame, in definitiva, è orma una vera è propria emergenza sociale, perchè alimenta condotte auto ed etero dirette violente che cagiona offese a beni primari costituzionalmente garantiti[39].
Le evidenze scientifiche sul punto, come si è detto sin qui, sono ancora troppo premature per sostenere, con una grado di probabilità vicino alla certezza, una connessione eziologica tra il delitto in esame e la sua causa.
Eppure, sostengono i ricercatori che da alcune peculiarità che caratterizzano lo stalking si possono ricavare diverse informazioni causali sotto il profilo neurobiologico e biopsicologico, sebbene gli studi di settore sono ancora di minoranza[40].
Si è detto che il reato in esame può derivare da uno squilibrio di alcune reti neurali che controllano il c.d cervello sociale e la nascita del legame di coppia, come i processi di attaccamento, di separazione, di attrazione e di ricompensa[41].
Alcune ricerche[42] hanno sostenuto, sulla base dell’analisi tout court del reato di stalking, che anche un eccessivo funzionamento del sistema dopaminico subocorticali del “sistema di ricompensa” connesso ad una diminuzione dei livelli di serotonina, che inibisce l’attività dell’amigdala, e la disattivazione dei processi cognitivi possono essere fattori predittivi dell’attività tipica dello stalker, ovvero il pensiero ossessivo, l’assenza della perdita di energie, le contraddizioni cognitive, l’impulsività diretta verso la vittima sia da parte dello stalker che perseguita un ex partner sia quello che commette il reato in oggetto nei confronti di conoscenti o sconosciuti che lo hanno rifiutato.
Proprio il rifiuto da parte della vittima, l’attrazione verso la frustrazione prodotta dal rifiuto, la rabbia dell’abbandono, l’escalation progressiva dell’aggressività, la presenza di un lato narcisista[43], il senso di protezione ossessiva della vittima possono costituire i fattori che contribuiscono la commissione del delitto de quo[44].
La rabbia scatta infatti a seguito dell’opposizione della vittima, ex partner o esterna, all’interesse che nutre lo stalker nei suoi confronti, ma, come è stato sostenuto dagli studiosi, può celare l’inattitudine a serbare o gestire relazioni sociali e umiliazioni subite.
Alcune analisi statistiche hanno rilevato che circa l’80% dei casi di stalking si realizza nei confronti dei conoscenti, ovvero nei confronti di coloro si istaura un patto di fiducia, come gli psicologici, psicoterapeuti che sono esposti ad un elevato rischio di stalking da pazienti che soffrono la solitudine e affetti dal disturbo di borderline che non possono interpretare le attenzioni professionali per amore.
Anche se altre ricerche hanno dimostrato che l’intimità sessuale e l’interruzione della stessa può provocare reazioni morbose e la violenza tra ex partner.
Una reazione morbosa dettata da sistemi neurobiologici che costituiscono la base della nascita e della formazione del legame, come l’attrazione , l’attaccamento e la separazione.
È proprio l’attaccamento che, sia nel caso dello stalking verso il partner che in quello verso gli estranei, costituisce la base dell’inizio del disturbo del pensiero delirante ossessivo e del consecutivo disturbo di attaccamento, assimilata dagli studiosi alla sindrome di De Clerembault[45].
L’attaccamento infatti, come rilevano gli esperti, è un sistema fondamentale per la crescita dell’individuo che si fonda su vari processi cognitivi, emotivi e comportamentali e che si forma fin dalle prime interazioni con la figura materna[46] e che continua a condizionare le relazioni sociali ed emotive dell’individuo e delle persone con le quali si relazione durante tutto il percorso di vita, determinando il perfezionamento di altri meccanismi comportamentali diversi dall’attaccamento, come l’accoppiamento sessuale e la reciprocità. Quest’ultimo meccanismo è deficitario nello stalker, sicché la richiesta di disponibilità continua di quest’ultimo alla vittima non postula un rapporto di reciprocità, bensì di sola esclusività[47].
Ne consegue la diretta proporzionalità tra la qualità dell’attaccamento e la qualità delle risposte comportamentali emotivi rispetto alle relazioni sociali.
Se quindi la qualità dell’attaccamento[48] è funzionale a determinare una buona qualità delle condotte emotive allora un deficit nel sistema de quo può causare una qualità della vita emotiva negativa.
Alcune ricerche hanno spiegato infatti che una ragione dell’insorgenza del fenomeno in esame è data proprio da un livello di attaccamento infantile negativo ansioso, derivato da una violenza psicologica domiciliare subita, nella forma dell’abbandono o da una violenza fisica, come maltrattamenti in famiglia[49] che può inevitabilmente provocare la nascita della vittimizzazione.
La congiunzione del disturbo dell’attaccamento e della vittimizzazione può causare un disordine della personalità che, come si è detto, può alimentare stati di aggressività e stati ansiosi di abbandono.[50]
Lo stalker, difatti, manifesta il suo pensiero ossessivo attraverso condotte affettive-emotive reiterate di persecuzione fino a giungere ad un deficit del controllo che causa reazioni di aggressività, in virtù dell’ansia dell’abbandono che non può accettare.
4. Conclusioni
Il reato di stalking di certo rappresenta uno strumento ulteriore posto dal legislatore a tutela della libertà di autodeterminazione della vittima a fronte della crescita esponenziale del fenomeno criminoso in esame e dell’emergenza sociale che tuttora è presente anche in Italia.
Il delitto in esame scatta quando le condotte persecutorie di minaccia o molestie, anche due episodi sono sufficienti secondo la giurisprudenza[51], sono dirette a causare uno dei tre eventi cristallizzati alternativamente dalla norma, ovvero turbare le normali abitudini di vita o a provocare uno stato di ansia o di paura o ingenerare il fondato timore per l’incolumità della vittima o per quella di persona legata affettivamente.
È sufficiente quindi, ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 612 bis c.p., la nascita di una disfunzione nell’equilibrio psico-fisico, ovvero della serenità psicologica della vittima e delle persone legate a quest’ultima, a prescindere dalla nascita di uno stato patologico, attraverso l’osservazione di indizi comportamentali della vittima ricavabili anche dalle dichiarazioni rese da quest’ultima e tali da tracciare un raffronto tra situazione pregressa e quella successiva della condotta del reo.[52]
Fatta questa breve, ma necessaria premessa, appare necessario chiedersi se sulla base delle poche, ma importanti evidenze scientifiche e dei dati sociocrimonologici sin qui delineati, il reato in esame non debba essere rivisitato sotto il profilo della tutela effettiva da garantire alla vittima e, in un certo qual modo, anche al reo.
Procediamo con ordine.
Ci si chiede, innanzitutto, se la tendenziale linea legislativa di inasprire unicamente il trattamento sanzionatorio per quei particolari reati che destano allarmismo sociale, come quello in esame, può rappresentare una reale ed effettiva risposta al fine di preservare interessi protetti dalle principali Carte Fondamentali.
Se da un lato, infatti, la tipizzazione del reato in commento e le successive modifiche sono state necessaria e dirimenti per tutelare la libertà morale dell’individuo da tutte quelle condotte abituali oppressive al bene giuridico in oggetto, dall’altro lato però il legislatore non ha tenuto conto degli studi di settore dai quali si desume, a mio sommesso avviso, l’importanza di un intervento di modifica sotto il profilo della creazione di un sistema di tutela cautelare migliore per la vittima e rieducativo-riabilitativo per il reo.
In uno stato giuridico che si rispetti, difatti, è necessario prevedere un trattamento punitivo adeguato, certo e proporzionato al fatto penalmente rilevante tout court considerato e, se quest’ultimo non è altro che un’estensione della personalità del reo, allora è doveroso analizzare ora più che mai la trama psicologica, ovvero cosa e perché ha spinto taluno ha porre in essere atti persecutori al fine di giungere concretamente all’irrogazione di una sanzione adeguata, senza perdere mai di vista la parte offesa da reato che, come è noto, è fin troppo sacrificata nel procedimento penale italiano.
Solo così, ad avviso dello scrivente, la norma potrà allinearsi con i dettami costituzionali.
Si rammenta sempre infatti che la finalità della pena è anche rieducativa e di emenda, oltre che general preventiva.
Si è visto infatti, sulla base di quanto è stato detto nei paragrafi precedenti, che colui che è reo di aver commesso il delitto di stalking potrebbe avere disfunzioni a livello neurobiologico, ovvero potrebbe aver commesso il reato a causa di sindromi o alterazioni in alcuni siti del cervello che sono deputati alla regolazione delle emozioni e del sistema ormonale.
Ebbene, se alle volte la condotta di stalking è condizionata da un siffatto status psico-fisico sembra necessario considerarlo a livello processuale attraverso una adeguata perizia neuroscientifica al fine di adeguare il trattamento sanzionatorio, anche a livello di irrogazione di una misura di sicurezza isolata o aggiuntiva ad una pena, ai principi di certezza e proporzionalità della sanzione al fatto di reato, inteso ribadiamo come estensione della personalità del reo e al principio di rieducazione e reinserimento sociale attraverso la creazione di centri di sostegno e di monitoraggio psico-sociale ad hoc intra moenia ed extra moenia al carcere.
In quest’ultimo caso è necessario, nell’ipotesi in cui si chiede l’applicazione di una misura cautelare, prevedere un trattamento terapeutico, anche di carattere psicologico, per il presunto colpevole degli atti persecutori, per comprendere preliminarmente se la condotta riprovevole è frutto di una psicosi o patologie non psicotiche e per cercare di intervenire tempestivamente al fine di prevenire la perpetrazione del reato o il rischio della recidiva.
Conseguentemente, dal lato della vittima, è necessario predisporre un meccanismo di tutela più rinforzato sia sotto il profilo psicologico che cautelare.
Sotto il profilo cautelare attraverso la previsione di nuove misure cautelari che siano più efficienti di un semplice divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa o degli arresti domiciliari (che dovrebbe essere sempre accompagnata da un provvedimento autorizzativo del braccialetto elettronico), sempre nei limiti legali ex art. 273 c.p.p., in linea con la Legge n. 161 del 17/10/2017, recante modifiche al D.Lgs. n.159 del 6/09/2011, che ha esteso l’applicazione delle misure di prevenzioni personali anche “soggetti indiziati” del reato di stalking.
Sotto il profilo psicologico, invece, è necessario intensificare l’attività di counseling e creare dei percorsi obbligatori ad hoc di trattamento terapeutico di sostegno da parte di professionisti specializzati in campi quali la criminologia, ovvero la vittimologia, la neurosociologia, la psicologia e quello forense che operino in stretta sinergia con l’autorità giudiziaria in ogni fase del procedimento penale, in particolar modo in quelle inziali e durante gli interrogatori che devono essere svolti da personale qualificato.
Attraverso un processo di accompagnamento della vittima e delle persone legate a questa è possibile ricostruire le dinamiche della relazione sociale tra la prima e lo stalker e, da questa ricostruzione, è possibile iniziare a creare un legame terapeutico finalizzato a far comprendere alla vittima l’assenza di un abbandono, così da poter ristabilire un equilibrio psichico che è turbato dalle condotte persecutorie.
La vittima insomma deve poter riacquistare fiducia in se stessa a tal punto da poter riallacciare i rapporti socio-lavorativi e sentirsi considerata, attraverso il c.d. il percorso cognitivo comportamentale basato sulla conoscenza della relazione di stalking e, solo in seguito, predisporre un piano di sostegno psicologico con consigli sull’autostima, sul cambio di stile di vita e rescissione del legame con lo stalker, se questo appartiene alla classe degli ex partner[53].
Dunque, non è possibile più rimanere inerti all’evolversi del fenomeno, è importante intervenire al più presto per evitare che le stime di suicidi, di vittimizzazione, di isolamento, di somatizzazione psicologica e fisica, di insorgenza di PTSD, di apatia e asocialità, dell’uso di sostanze che creano dipendenza aumentino a dismisura a tal punto da provocare danni ancora maggiori a tutti i settori della società.
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Note
[1] cfr Dangerous passion: Othello syndrome and dementia, Gabriele Cipriani, MD, Marcella Vedovello, MD, Angelo Nuti, and Andrea di Fiorino, MD2, 1, Neurology Unit and Psychiatry Unit, Hospital of Viareggio, Lido di Camaiore (Lu), Italy
[2] cfr Heterogeneity of the phenomenon of jealousy in the general population: an Italian study, Marazziti D. , Sbrana A , Rucci P , Cherici L , Mungai F , Gonnelli C , Massimetti E , Raimondi F , Doria MR , Spagnolli S , Ravani L , Consoli G , Catena Dell Osso M, CNS Spectr. 2010 Jan; 15 (1): 19-24.
[3] cfr Dangerous passion: Othello syndrome and dementia, Gabriele Cipriani, MD, Marcella Vedovello, MD, Angelo Nuti, and Andrea di Fiorino, MD2, 1, Neurology Unit and Psychiatry Unit, Hospital of Viareggio, Lido di Camaiore (Lu), Italy
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[7] Studi hanno rilevato che la gelosia delirante è una condizione universale più pericolosa negli uomini che possono adottare, in misura maggiore rispetto alle donne, condotte omicide e suicide; Kovco I. Neke karakteristike ubojstva intimnih partnera u Hrvatskoj. Hrvatski ljetopisza kazneno pravo i praksu. Zagreb 1996; 3: 111–126; Daly M, Wilson M, Weghorst SJ. Male sexual jealousy. Ethol. Sociobiol. 1982; 3: 11–27
[8] cfr Pathological jealousy and pathological love: apples with apples or apples with oranges? Stravogiannis ALDC , Kim HS , Sophia EC, Sanches C, Zilberman ML, Tavares H, in Resistenza psichiatrica 2018 gennaio; 259: 562-570. doi: 10.1016 / j.psychres.2017.11.029. Epub 2017, 13 novembre
[9] cfr Jealous love and morbid jealousy, Maggini C , Lundgren E , Leuci E . Acta Biomed. 2006 Dec; 77 (3): 137-46.
[10] Si è riscontrato un tasso più elevato dell’amore ossessivo nelle donne, in “Delirious jealousy and obsessive love: cause and form”, Pubmed, Bogerts B
[11] La prevalenza di gelosia delirante è stata riportata come 1,1% in degenti psichiatrici e 7% in pazienti con disturbi mentali neurobiologici, Soyka M, Naber G, Völcker A. Prevalence of delusional jealousy in different psychiatric disorders: An analysis of 93 cases. Br. J. Psychiatry 1991; 158: 549–553
[12] Ricerche sul punto hanno indicato che i criteri del DSM-IV-TR non sono abbastanza inclusivi per diagnosticare questo sottotipo; Easton J, Shackelford TK, Schipper LD., Delusional disorder‐jealous type: How inclusive are the DSM‐IV diagnostic criteria? J. Clin. Psychol. 2008; 64: 264–275.
[13]cfr Dangerous passion: Othello syndrome and dementia, Gabriele Cipriani, MD, Marcella Vedovello, MD, Angelo Nuti, and Andrea di Fiorino, MD2, 1, Neurology Unit and Psychiatry Unit, Hospital of Viareggio, Lido di Camaiore (Lu), Italy
[14] Shepherd M. Morbid Jealousy. Some clinical and social aspects of a psychiatric symptom. J. Ment. Sci. 1961; 107: 687–704.
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[18] cfr Prevalence of delusional jealousy in psychiatric disorders; Soyka M 1 , Schmidt P , J Forensic Sci, 2011 Mar; 56 (2): 450-2. doi: 10.1111 / j.1556-4029.2010.01664.x. Epub 2011, 25 gennaio 2012
[19] Luaute JP, Saladini S, Luaute J. Neuroimaging correlates of chronic delusional jealousy after right cerebral infarction. J. Neuropsychiatry Clin. Neurosci. 2008; 20: 245–247¸ Narumoto J, Nakamura K, Kitabayashi Y et al. Othello syndrome secondary to right orbitofrontal lobe excision. J. Neuropsychiatry Clin. Neurosci. 2006; 18: 560–561¸ Westlake RJ, Weeks SM. Pathological jealousy appearing after cerebrovascular infarction in a 25‐year‐old woman. Aust. N. Z. J. Psychiatry 1999; 33: 105–107.
[20] Più in particolare, la gelosia delirante può essere innescata da “un eccesso di dopamina, che può essere primario o secondario a un tono serotoninergico basso, che promuove le connessioni tra la corteccia prefrontale e lo striato dorsale a spese di quelle dello striato ventrale”, cfr. Marazziti D, Poletti M, Dell'Osso L, Baroni S, Bonuccelli U. Corteccia prefrontale, dopamina e endofenotipo di gelosia. CNS Spectr 2013; 18: 6-14 82
[21] Matsuoka T, Narumoto J, Shibata K, Taga C, Fukui K. Jealous delusions and dysfunction of the right parietal lobe in early‐onset Alzheimer's disease. J. Neuropsychiatry Clin. Neurosci. 2011; 23: E 29–E 30
[22] Marazziti D, Rucci P, Di Nasso E, et al. Psicopatologia della gelosia e della sottosoglia: un legame serotoninergico. Neuropsychobiology 2003; 47: 12-6
[23] Marneros A. Intimizid. Die Tçtung des Intimpartners. Schattauer, Stuttgart, 2008
[24] Tiggelaar J. Pathological jealousy and jealous delusions. Folia Psychiatr. Neurol. Neurochir. Neerl.1956; 59: 522–541; Dressing H, Kuehner C, Gass P. Lifetime prevalence and impact of stalking in a European population: Epidemiological data from a middle sized German city. Br. J. Psychiatry 2005; 187: 168–172.
[25]. cfr Deficit nella cognizione sociale: un marker per i disturbi psichiatrici? Eur Arch Psychiatry Clin Neurosci 2011; 261 (S2): S145-S149, Derntl B, Habel U
[26] cfr “Stalking behavior in delusional jealousy”, Silva JA1, Derecho DV, Leong GB, Ferrari MM, Palo Alto Veterans Health Care System, CA, USA
[27] cfr studio comparativo di soggetti erotomani e ossessivi in un campione forense. J Forensic Sci 1993; 38: 894-903, Zona M, Sharma K, Lane JA
[28] cfr So che mi ami davvero: un diario di psichiatria di erotomania, stalking e amore ossessivo. New York: Macmillan, 1997, Orion D.
[29] Si è detto invero che l’uomo stalker perseguita le loro vittime per “ripristinare” l’intimità; invece la donna stalker commettono il reato di stalking per “stabilire” l’intimità, attraverso la minaccia di violenze che si accentua del 50% soprattutto nel caso in cui la vittima era un ex partner
[30] V’è da rilevare tuttavia che alcune ricerche hanno sostenuto la differenza di genere in ordine all’IPV. Si è detto che la separazione da parte della donna viene interpretata dall’uomo come una “sfida” che lo conduce alla violenza come mezzo principale per ripristinare il dominio di genere ( Flake e Forste, 2006 ). Gli uomini, quindi, sono più propensi delle donne a porre in essere condotte violente come spingere, stringere, spingere, trascinare e soffocare ( Melton e Belknap, 2003 ; Ross and Babcock, 2015).
[31] cfr. Violenza domestica in coppie separate nel contesto italiano: comunità e singolarità di esperienze di donne e uomini; Cardinali P , Migliorini L , Giribone F , Bizzi F , Cavanna D ,Psychol frontale. 2018 set 3, 9: 1602. doi: 10.3389 / fpsyg.2018.01602. e Collection 2018.
[32] Lo stalking può rappresentare un importante fattore predittivo dell’omicidio coniugale, McFarlane J, Campbell J, Watson K. Intimo compagno di stalking e femminicidio: implicazioni urgenti per la sicurezza delle donne. Behav Sci Law 2002; 20: 51-68
[33]La donna infatti, secondo alcune osservazioni, ha la tendenza a commettere il reato di stalking principalmente verso ex partner piuttosto che estranei, cfr Stalking: una prospettiva neurobiologica, DONATELLA MARAZZITI, VALENTINA FALASCHI, AMEDEO LOMBARDI, FRANCESCO MUNGAI, LILIANA DELL'OSSO
[34]cfr Stalker and their victims, Meloy JR , Boyd C ., J Am Acad Psychiatry Law. 2003; 31 (2): 211-9, in PUBMED
[35] E’ stato dimostrato che la depressione è una conseguenza negativa che può sorgere con buona probabilità a causa dell’esposizione a violenza principalmente per le donne e che può determinare l’incremento del rischio di diventare vittima e di rendere più difficile il distacco dalla relazione ( Beitchman et al., 1992;Gidycz & Koss, 1991).
[36] Secondo taluni lo stalking, come l’innamoramento, è una “forma di dipendenza” che, a seguito della prima fase di tolleranza seguita dal rifiuto e dall’interruzione della relazione, può causare la nascita di sintomi specifici, come la “depressione, ansia, insonnia o ipersonnia, perdita di appetito o alimentazione incontrollata, irritabilità e senso di solitudine”. Si crea pertanto tra lo stalker e la vittima una “dipendenza emotiva e fisica” legata, come si è detto, “ad un'alta attività dei percorsi dopaminergici sottocorticali che fanno parte del sistema di ricompensa del cervello”, cfr. Stalking: una prospettiva neurobiologica, DONATELLA MARAZZITI, VALENTINA FALASCHI, AMEDEO LOMBARDI, FRANCESCO MUNGAI, LILIANA DELL'OSSO
[37] cfr. The role of cognitive coping in women who are victims of stalking, Kraaij V , Arensman E , Garnefski N , Kremers io . J Interpers Violence. 2007 Dec; 22 (12): 1603-12, in PUBMED
[38] cfr Astin, Lawrence, & Foy, 1993 ; Golding, 1999 ; Jones Hughes, & Unterstaller, 2001 : Taft, Murphy, King, Dedeyn e Musser, 2005
[39] Si stima che circa il l'8 e il 15% delle donne, e tra il 2 e il 4% degli uomini sia perseguitato da uno stalker, benché i dati ufficiali non riportano la realtà concreta, dato che le vittime non tendono a denunciare a causa delle lungaggini processuali e dell’irrilevante, quasi inesistente, livello di protezione offerto a queste ultime, secondo quanto riportato dallo studio condotto da DONATELLA MARAZZITI et coll., in “Stalking: una prospettiva neurobiologica”, DONATELLA MARAZZITI, VALENTINA FALASCHI, AMEDEO LOMBARDI, FRANCESCO MUNGAI, LILIANA DELL'OSSO, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Sezione di Psichiatria, Università di Pisa
[40] In un passo del saggio pubblicato dall’equipe del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Sezione di Psichiatria, Università di Pisa si evidenzia infatti che “Le ipotesi sulla neurobiologia dello stalking sono praticamente inesistenti, a parte la carta di Meloy e Fisher del 2005 che rappresenta una delle poche recensioni complete su questo argomento”(cfr Meloy RI, Fisher H. Alcune riflessioni sulla neurobiologia dello stalking. J Forensic Sci 2005; 50: 1-9)
[41] crf. Stalking: a neurobiological perspective, Marazziti D , Falaschi V , Lombardi A , Mungai F , Dell'Osso L .Riv Psichiatr. 2015 gennaio-febbraio; 50 (1): 12-8. doi: 10.1708 / 1794.19528.
[42] crf. Stalking: a neurobiological perspective, Marazziti D , Falaschi V , Lombardi A , Mungai F , Dell'Osso L .Riv Psichiatr. 2015 gennaio-febbraio; 50 (1): 12-8. doi: 10.1708 / 1794.19528.
[43] Stalking: una prospettiva neurobiologica, DONATELLA MARAZZITI, VALENTINA FALASCHI, AMEDEO LOMBARDI, FRANCESCO MUNGAI, LILIANA DELL'OSSO
[44] Some reflections on the neurobiology of stalking, Meloy JR 1 , Fisher H , in Pubmed
[45] Meloy RI, Fisher H. Alcune riflessioni sulla neurobiologia dello stalking. J Forensic Sci 2005; 50: 1-9
[46] Bowlby J., Attaccamento e perdita: attaccamento. New York: Basic Books, 1969
[47] Stalking: una prospettiva neurobiologica, DONATELLA MARAZZITI, VALENTINA FALASCHI, AMEDEO LOMBARDI, FRANCESCO MUNGAI, LILIANA DELL'OSSO
[48] A livello neurobiologico i neurotrasmettitori con funzione ormonale coinvolti l’attaccamento sono la vasopressina e ossitocina che è deputata all'attivazione del circuito di ricompensa dopaminergico che porta alla normalizzazione del livello di funzionamento dell'amigdala, ma è risultato l’interessamento anche e di alcuni circuiti del c.d. cervello sociale, come l’amigdala , il setto laterale (Young LJ, Wang Z. La neurobiologia del legame di coppia. Nat Neurosci 2004; 7: 1048-54); come anche nella fase dell’innamoramento che, sulla base delle risultanze della fMRI, si è constato un’attivazione dell’amigdala.
[49] Meloy JR. Amore non corrisposto e desiderio di uccidere: diagnosi e cura dell'erotomania borderline. Bull Menninger Clinic 1989; 53: 477-92
[50] Stalking: una prospettiva neurobiologica, DONATELLA MARAZZITI, VALENTINA FALASCHI, AMEDEO LOMBARDI, FRANCESCO MUNGAI, LILIANA DELL'OSSO
[51] C. Cass., Sez. V, sent., n. 22194 del 06.12.2016 (depositata l’08.05.2017)
[52] C. Cass., Sez. V, , sent. n. 28703 del 14.4-6.7.2015
[53] cfr. Vittime di stalking: effetti psicopatologici e intervento, in State of Mind
Dr. Domenico Piccininno
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